Diversificare per difendersi dai rischi geopolitici; lo abbiamo chiesto a Michele Bauli
Le tensioni geopolitiche degli ultimi anni hanno mostrato con chiarezza quanto sia fragile una supply chain globale.
Guerra, instabilità economica, restrizioni commerciali, shock energetici e difficoltà logistiche possono interrompere in poche ore flussi di approvvigionamento costruiti in decenni.
Per le aziende che acquistano materie prime e semilavorati da molti Paesi del mondo la domanda non è più se arriverà una crisi ma quando e con quale intensità.
Proprio su questo tema abbiamo chiesto il punto di vista di Michele Bauli, figura di riferimento del settore alimentare italiano, che gestisce una filiera complessa e internazionale.
La sua risposta è stata netta: la protezione della supply-chain oggi passa prima di tutto dalla diversificazione della produzione.
Diversificare per ridurre la vulnerabilità. Secondo Michele Bauli, la strategia vincente non è inseguire l’illusione di controllare ogni variabile esterna, ma costruire una struttura produttiva capace di assorbire gli shock.
Diversificare significa:
usare impianti produttivi in Paesi diversi
- distribuire l’approvvigionamento di materie prime su più aree geografiche
- evitare dipendenze monodirezionali da un solo fornitore o da un solo territorio
- poter spostare rapidamente parte della produzione da un sito all’altro
Questo approccio diminuisce l’esposizione a rischi come:
- chiusura delle rotte commerciali
- sanzioni internazionali
- instabilità politica
- problemi energetici locali
- dazi o blocchi doganali
- calamità naturali di aree specifiche
In altri termini, quando un Paese si ferma, l’azienda non si ferma con lui.
Perché la diversificazione funziona La diversificazione non elimina il rischio geopolitico, ma lo rende gestibile.
Gli shock non arrivano mai in modo simmetrico: una crisi può colpire l’Europa dell’Est senza toccare il Sud-Est asiatico; una tensione diplomatico-commerciale può coinvolgere una sola nazione; un'interruzione portuale può isolare solo una parte della supply chain.
Avere vari “poli produttivi” significa disporre di:
- ridondanza
- continuità operativa
- flessibilità nella riallocazione dei carichi
- maggiore potere negoziale con fornitori e partner logistici
Inoltre, una supply chain diversificata riduce anche i rischi assicurativi: molte compagnie infatti, valutano positivamente una filiera già strutturata per contenere l’impatto di interruzioni impreviste.
Le implicazioni per il risk management.
Le parole di Michele Bauli mettono in luce un principio chiave: la gestione del rischio da supply chain non si risolve solo con polizze assicurative, ma con scelte organizzative e strategiche.
Il risk management moderno richiede infatti un mix di:
- prevenzione (diversificazione, ridisegno dei flussi, monitoraggio geopolitico)
- mitigazione (contratti flessibili, magazzini tampone, fornitori alternativi)
- trasferimento del rischio tramite strumenti assicurativi come:
- polizze di interruzione della supply chain
- coperture per mancata fornitura
- protezioni contro rischi politici e commerciali
- assicurazioni sul credito per mitigare default di partner internazionali
Senza una strategia industriale di diversificazione, queste coperture da sole diventano molto costose o addirittura insufficienti.
Diversificare come leva competitiva.
La diversificazione non è solo una difesa. Rappresenta anche un vantaggio competitivo.
Un’azienda che può produrre in più Paesi reagisce più velocemente alle oscillazioni della domanda, ottimizza i costi energetici, sfrutta i vantaggi locali e garantisce continuità ai clienti anche durante crisi globali.
È un modo per trasformare la resilienza in valore: stabilità, affidabilità, capacità di rispondere ai mercati in tempo reale.
Conclusione
La testimonianza di Michele Bauli evidenzia una verità ormai condivisa dalle aziende più strutturate: proteggere la supply chain dai rischi geopolitici significa prima di tutto non essere dipendenti da un unico Paese, da un unico fornitore o da un unico percorso logistico.
La diversificazione produttiva non è solo una scelta prudenziale: è un investimento nella continuità operativa, nella competitività e nella credibilità dell’azienda. In un mondo instabile, la capacità di distribuire i rischi geograficamente diventa la forma più solida di protezione strategica.


