Interruzione di esercizio i casi Aston Martin e Asahi
Quando parliamo di interruzione di esercizio, intendiamo la sospensione – totale o parziale – delle attività operative di un’azienda (produzione, logistica, vendita) per un certo periodo. Le ragioni possono essere varie: guasti tecnici, calamità, eventi esterni, cyberattacchi.
Le conseguenze possono includere:
perdita di ricavi per mancata produzione o mancata vendita;
costi aggiuntivi per ripristino dei sistemi, sostituzione macchinari, interventi straordinari;
danni all’immagine e fiducia dei clienti;
interruzione della supply chain a valle e a monte;
effetti a catena (fornitori, distributori).
Nel contesto assicurativo, queste sono tipologie di rischio che possono essere coperte da polizze “business interruption” o “interruzione di attività” – ma è fondamentale capire quando il danno è effettivo e come calcolarne il valore.
Ora, due casi particolarmente attuali: uno nel mondo delle birre, l’altro nel automotive (anche se uno è per indiretta esposizione).
Caso Studio 1 – Asahi Group Holdings (Giappone)
Descrizione dell’evento
Il 29 settembre 2025, Asahi Group, il grande gruppo giapponese della birra (marchi come Asahi Super Dry) ha subito un grave attacco informatico che ha bloccato i sistemi di ordinazione, spedizione e il call-centre domestico.
L’interruzione ha riguardato le operazioni in Giappone: circa 30 stabilimenti nazionali, sospensione ordini/spedizioni/servizi al cliente.
La produzione vera e propria è stata sospesa o fortemente rallentata in quanto non era possibile continuare le operations in modo normale.
Il responsabile dichiarato è il gruppo ransomware Qilin, che ha rivendicato circa 27 GB di dati sottratti.
Dati economici / periodo di fermo
Le stime indicano che Asahi genera 19,6 miliardi USD di ricavi nel 2024 (¥2,94 trilioni).
La parte giapponese vale circa la metà dei ricavi globali.
Si stima che 1 settimana di fermo potesse equivalere a perdita diretta di ~188 milioni USD; 2 settimane ~376 milioni; 1 mese ~805 milioni USD.
Considerando costi indiretti (brand, supply chain, investigazione) il multiplo stimato è 3-5× la perdita diretta. Quindi 1 settimana: ~564-940 milioni USD; 1 mese: ~2,4-4,0 miliardi USD.
Il riavvio delle linee è stato comunicato il 6 ottobre 2025, con produzione ripresa in sei stabilimenti giapponesi dal 2 ottobre.
Lezioni chiave (da un punto di vista assicurativo e operativo)
Anche aziende “mature” e grandi come Asahi sono vulnerabili: la trasformazione digitale non elimina il rischio di interruzione operativa.
Il danno da interruzione è molto più della sola perdita di ricavi: include costi di recupero, logistica alternativa, reputazione.
Il periodo in cui i sistemi IT/OT (tecnologie operative) sono inattivi rappresenta un elemento critico: la produzione può essere ferma anche se la linea fisica è operativa, se manca il sistema di gestione e distribuzione.
Dal punto di vista dell’assicurazione: è fondamentale definire bene cosa sia “interruzione di attività” – se riguarda solo fisico o anche logistica, ordini, distribuzione – e misurare l’importo in tempo reale.
Il rischio catena-fornitori: se Asahi non lavora in Giappone, ciò può influenzare distributori, ristoranti, scaffali di negozi.
Caso Studio 2 – Aston Martin Lagonda vs. indiretta esposizione alla caduta di Jaguar Land Rover
Chiarisco subito: non ho trovato un caso pubblico specifico in cui Aston Martin abbia riportato un fermo di produzione causato direttamente da un cyberattacco proprio (almeno non con dati pubblici chiari) tuttavia la società ha dichiarato che è esposta all’impatto del grande attacco subito da Jaguar Land Rover il quale ha causato blocchi produttivi nel Regno Unito e quindi ha generato effetti a catena per l’intera filiera.
Vediamolo come “casi collegati”, utili per capire il contesto di rischi nel settore auto/lusso.
Contesto
Jaguar Land Rover (JLR) ha subito un attacco che ha generato una sospensione quasi totale della produzione nei siti UK a settembre 2025. Secondo varie fonti: cinque settimane di fermo, costi stimati per JLR ~£196 milioni (diretti) nel trimestre, e perdita economica stimata per UK ~£1,9 miliardi.
Aston Martin Lagonda Global Holdings plc ha dichiarato in un filing che non può escludere un impatto finanziario “come conseguenza del recente incidente informatico presso un grande produttore automobilistico nel Regno Unito”.
In sintesi: Aston Martin è più piccola, ma è inserita nella stessa filiera/regione geografica e quindi vulnerabile agli shock della supply chain.
Implicazioni e stime
Anche se non è dato che Aston Martin abbia fermato la produzione propriamente per un cyberattacco, la sua esposizione mostra come l’interruzione in un nodo della filiera può propagarsi – e quindi generare rischio anche per chi non è esposto direttamente.
Dal punto di vista del danno: JLR ha perso un mese circa di produzione, con stime che indicavano tra £5–10 milioni al giorno di perdite solo per fermo.
Per un’azienda come Aston Martin, che produce in volumi ridotti ma ad alto valore, anche un ritardo di produzione o consegna può avere impatti significativi sui margini, sull’immagine del marchio e sulla fiducia dei clienti.
Lezioni chiave
In settori ad alta integrazione (automotive, lusso) non bastano controlli interni: bisogna valutare il rischio della filiera (fornitori, subfornitori) e come un fermo altrove può causare blocchi propri.
Le polizze “interruzione di attività” devono prevedere non solo il fermo diretto, ma anche i danni derivanti dall’impossibilità di consegnare, o dall’interruzione di componenti critiche.
Nel caso auto/lusso l’immagine del brand è parte del “valore”: un fermo di produzione o ritardo può degradare la percezione del marchio, influenzando vendite future — un elemento spesso difficile da quantificare ma reale.
Un’altra lezione: la scalabilità del danno. Per JLR, un solo mese di stop ha generato ingenti costi e un effetto domino nella supply chain — e questo ci ricorda che per le polizze il “tempo di ripristino” è un fattore fondamentale.
Consigli pratici
Valutazione del rischio integrata
Non basta valutare solo l’attività primaria dell’azienda occorre mappare fornitori critici, sistemi IT/OT, catene logistiche.
Replicare scenari: “Se il sistema ordini si blocca per 5 giorni, che perdite abbiamo?”
Definizione della copertura corretta
Le polizze devono coprire non solo il fermo produzione ma anche mancata consegna, perdita di contratti, capitale reputazionale.
Chiarire cosa si intende per “interruzione”: produzione, logistica, IT, distribuzione, customer service.
Periodo di indennizzo: più tempo l’azienda è ferma o in “ridotto regime”, più ampio è il danno.
Quantificazione del danno
Utilizzare metriche realistiche: perdita di ricavi/giorno, costi fissi, costi extra. Ad esempio, Asahi: ~188 milioni USD per 1 settimana di fermo nelle operazioni giapponesi.
Considerare il “moltiplicatore” per costi indiretti (3-5× nel caso Asahi).
Pianificazione della continuità operativa
Interruzioni da cyber-evento richiedono piani di ripristino (incident response), back-up, alternative manuali.
Il broker deve verificare che l’assicurato abbia piani aggiornati, perché le compagnie possono richiederlo come condizione.
Comunicazione e reputazione
Le aziende devono gestire anche la comunicazione durante la crisi (clienti, fornitori). La reputazione è un danno concreto.
In fase di underwriting, valutare la sensibilità dell’azienda al brand damage.
Monitoraggio della filiera e terze parti
Verificare che anche i fornitori abbiano coperture adeguate o piani di continuità: un’azienda può essere perfettamente “resiliente” ma stoppare perché il fornitore chiave no.
Conclusione
I casi di Asahi e della catena influenzata da JLR/Aston Martin mostrano con chiarezza che l’interruzione di esercizio non è un rischio “astratto”: è reale, potenzialmente enorme, e in tempi molto rapidi può determinare danni multimiliardari.
Da broker il valore aggiunto consiste nel far emergere questi rischi normalmente “invisibili” farli quantificare e tradurre in polizze e piani operativi concreti.
La sinergia tra “capitale umano”, “tecnologia”, “assicurazione” è oggi più forte che mai.

